La volontà del governo di manomettere l’articolo 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori va battuta.
L’articolo 18 è una norma elementare di civiltà che obbliga a reintegrare nel posto di lavoro chi viene licenziato ingiustamente. L’articolo 18 è per questo motivo una garanzia per ogni singolo lavoratore ed è al tempo stesso il fondamento per l’esercizio di tutti i diritti collettivi delle lavoratrici e dei lavoratori.
Se fosse eliminato ogni lavoratrice ed ogni lavoratore sarebbe in una condizione di ricatto permanente: l’azienda per cui lavora potrebbe licenziarlo perché si è battuto per il proprio contratto cioè perché vuole avere condizioni di lavoro e di salario dignitose, perché ha chiesto il rispetto delle norme
sulla sicurezza e la salute, perché ha scioperato, perché dopo molti anni di lavoro ha “ridotte capacità lavorative”, perché vuole fare un figlio, perché non sta simpatico al capo, per le idee politiche che ha…
Se fosse eliminato ogni lavoratrice ed ogni lavoratore sarebbe in una condizione di precarietà, perché avere un contratto a tempo indeterminato non avrebbe più alcun valore se si può essere licenziati in ogni momento arbitrariamente.
Sull’articolo 18 si dicono molte falsità:
1. E’ falso che un’impresa realmente in crisi non possa licenziare, come sanno drammaticamente i tanti lavoratori che lo hanno sperimentato sulla propria pelle. Quello che non si può fare è camuffare il licenziamento punitivo di un lavoratore con false motivazioni economiche.
2. E’ falso che l’Italia sia un’anomalia in Europa per l’eccessiva protezione contro i licenziamenti. Gli indici Ocse sulla “rigidità in uscita” collocano il nostro paese molto al di sotto della media europea.
3. E’ falso che i problemi di produttività del nostro paese dipendano dall’articolo 18.
Dipendono invece dai bassissimi investimenti in Ricerca e Sviluppo ( l’Italia investe l’1% del Pil contro il quasi 3% della Germania), dalle privatizzazioni e dall’assenza più che ventennale di ogni politica industriale. Le politiche che hanno puntato a rendere “competitivo” il paese aumentando sfruttamento e precarietà, e che hanno portato i salari italiani al penultimo posto in Europa mentre il numero di ore lavorate è tra i più alti, sono state tanto inique quanto fallimentari.
4. E’ falso che l’articolo 18 interessi solo una minoranza dei lavoratori. I lavoratori tutelati
dall’articolo 18 sono 7,8 milioni, il 65% del totale dei lavoratori dipendenti.
Manomettere l’articolo 18 significa voler ridurre il lavoro a
pura merce, senza libertà e dignità.
Significa rendere tutti precari e ricattabili, e indebolire drammaticamente le stesse organizzazioni sindacali. All’opposto, l’articolo 18 va esteso a tutte le lavoratrici e i lavoratori, come va estesa a tutti la protezione degli ammortizzatori sociali e va istituito un reddito sociale per le disoccupate e i disoccupati.
All’opposto, va cancellato il lavoro precario che serve solo ad abbattere i diritti e a rubare il futuro delle
ragazze e dei ragazzi.
PER DIFENDERE ED ESTENDERE L’ARTICOLO 18.
PER LA LIBERTÀ E DIGNITÀ DEL LAVORO
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